Margherita Raso

Prima edizione 2021

Margherita Raso

Foto di Margherita Raso

Nata a Lecco nel 1991, vive e lavora tra Milano e New York. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2014 è stata co-fondatrice dell’artist-run space Armada, Milano.

L’interesse per la “pelle” degli oggetti e per le differenti modalità di percezione e comprensione dell’opera informa tutta la sua pratica. Attraverso la realizzazione di tessuti Jacquard, l’artista indaga il ruolo e il significato di superficie.

Creando rilievi microscopici di diverse scale e dimensioni, ovvero disegni intessuti, il suo intento è quello di entrare nello spazio simultaneamente con un dipinto e una scultura, sottraendo entrambi dalla loro immobilità.

Il tessuto è anche il punto di partenza delle sculture in ceramica, bronzo e ghisa. Queste opere sono il risultato di un processo sperimentale in cui il tessuto viene sacrificato, principalmente tramite combustione, in favore di un altro materiale. La perdita si concretizza in nuove forme mutate dove l’eco di un corpo esiste con i suoi limiti e possibilità di trasformazione. 

Casting the Tempo

L’intervento prevede la presentazione al pubblico di primo atto con una composizione musicale, appositamente realizzata per lo spazio e che trae proprio ispirazione dalla storia del complesso ecclesiastico. La composizione prende infatti spunto proprio dalla Chiesa, o meglio dall’organo dipinto – e stando alle fonti mai esistito – che si vede sia varcando la soglia del portone sia dalle finestre del campanile aperte verso l’interno. Questo oggetto immaginato, immateriale, solo rappresentato, è tuttavia una presenza solida, tangibile che il visitatore “sente” riecheggiare nello spazio in modo potente. L’organo dipinto è una presenza vi-siva carica di attesa ed evoca in modo potente la fervida attività musicale della Chiesa, che gode per altro di un’ottima acustica. Grazie alla collaborazione con l’Antica Fabbrica Passamanerie Massia di Torino e l’azienda agricola Tenuta Margherita di Desana l’artista è riuscita a elaborare una composizione musica-le che parte proprio dalla registrazione della “musica” prodotta dai celeberrimi telai e macchine di lavorazione del riso delle rispettive aziende. Questi suoni, testimonianza di un lavoro secolare, verranno tradotti in un componimento per organo diffuso all’interno dello spazio.

Il suono verrà veicolato attraverso una serie di casse poste all’interno del perimetro della navata centrale della Chiesa e rivolte in modo tale da veicolare il suono dall’interno verso il sagrato e l’immediato circondario della Chiesa.

In questo modo la musica si diffonderà in modo pacato e rispettoso del contesto, con toni bassi, che faranno eco ai canti delle risaie e in questo senso capaci di attirare l’attenzione del pubblico verso il cuore della Chiesa, ancora inaccessibile poiché interessata da lavori di restauro e consolidamento.

Il pubblico, compatibilmente agli accordi presi con le istituzioni coinvolte, potrà avvicinarsi dal sagrato alla soglia di ingresso della Chiesa per godere a pieno del componimento musicale.

Al suono verranno affiancati delle vesti per il Campanile, vale a dire degli stendardi in tessuto realizzati appositamente dall’artista e posti lungo il percorso che porta dalla terra al cielo. Il percorso prosegue così con un secondo atto, dedicato all’intervento sul campanile.

L’artista intende accompagnare l’ascesa alla sommità della torre attraverso elementi scultorei, sempre in tessuto, posti in punti salienti della scala centrale. Il campanile è un faro: a mano a mano che si abbandona il suolo anche la concentrazione della materia si diluisce sino a raggiungere la testa d’albero e vedere con chiarezza l’orizzonte. Qui in cima troverà di nuovo il suono, la medesima composizione per organo suonata dal telaio, a ribadire la relazione tra le parti e il rapporto tra tessuto e suono, tra natura e lavoro.

“Vorrei che tessuto e suono si facessero eco a vicenda. Nella dimensione scultorea così come in quella cromatica. La traccia sonora per organo si basa su un ventaglio di suoni legati alla produzione industriale (tessile e del riso). Con questo vorrei studiare l’attuale relazione fra uomo e macchina, fra paesaggio e produzione”. 

Il motivo geometrico disegnato sui tessuti in tessuto è d’altra parte il paesaggio, vale a dire tutto il contesto naturale che circonda l’Abbazia. Margherita Raso in-tende in questo modo portare l’esterno – ovvero il paesaggio della risaia – all’in-terno dello spazio, cercando di sollecitare il visitatore a non dimenticare mai il tempo che scorre, il paesaggio che cambia e il ritmo delle stagioni che scandiscono la relazione tra uomo e natura.

Se da un lato il tessuto è metafora dell’esterno, del contesto, del mondo che ci circonda, il suono è a sua volta metafora dell’interno, dell’interiorità, vale a dire degli aspetti più spirituali, meditativi e introspettivi legati ad un lavoro fatto di gesti che si ripetono – quasi automatici e meccanici –, di confidenze e di canti che li accompagnano. In questo senso la risaia a sua volta è un paesaggio del lavoro nel quale si rispecchiano altri luoghi di produzione contemporanei destinati ad allargare la riflessione sul lavoro oggi.

In modo particolare, tutte le grafie registrate sui tessuti sono il risultato di un’operazione di ricognizione fotografica delle risaie. A partire da queste mappe realizzate attraverso l’impiego di un drone, Margherita Raso ha infatti operato per sottrazione, esattamente come se la fotografia fosse un blocco di marmo da scolpire.

L’immagine è stata sgranata e analizzata nel dettaglio per sviluppare un ragionamento sulla luce e sul colore. Allo stesso tempo un’importante fonte d’ispirazione e di metodologia è stato il celebre dipinto di Angelo Morbelli Per ottanta centesimi! conservato nel Museo Borgogna di Vercelli.

“L’opera di Morbelli”, racconta l’artista, “m’interessa per la sua costante attenzione alla società contemporanea, come testimonianza dell’intensa relazione di dipendenza tra corpo e paesaggio, tra corpo e lavoro. In Per ottanta centesimi! l’artista scelse un’ampia inquadratura, con un orizzonte altissimo che annulla il cielo, esaltando al massimo la profondità dello spazio della risaia. In questo senso trovo interesse nel “relativismo prospettico con cui la realtà era osservata”, come si legge nel libro La narrativa degli scapigliati di Giovanna Rosa. Inoltre, Per ottanta centesimi! – uno dei più significativi esempi di applicazione della tecnica divisionista in Italia – mi interessa come strumento di studio della luce e del colore nella realizzazione di opere tessili.” 

scrivono di noi

Abbazia di Lucedio

© Marco Friso

Abbazia di Lucedio come luogo ideale per iniziare un percorso di valorizzazione e innovazione culturale nel vercellese.

Il complesso architettonico creato dai monaci cistercensi dal 1123 circa, situato a pochi chilometri dal centro di Vercelli nel comune di Trino, è infatti non solo una rilevantissima testimonianza architettonica e vero e proprio patrimonio del territorio non ancora adeguatamente conosciuto, ma anche modello di economia sostenibile e di fatto luogo dove tutto ha avuto origine: dalla cultura e coltivazione del riso alla comunità rurale e patrizia che l’ha sviluppata sino all’intero immaginario prodotto dalla relazione tra natura, arte e architettura entro una dimensione sacra e simbolica che rende questo luogo un unicum nel suo genere.

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